Parigi-Roubaix: la lotta e la tenacia dietro una corsa crudele
La Parigi-Roubaix non esita a mostrare la sua crudeltà. Pavimentazioni scivolose, spruzzi di fango, cadute improvvise: questa prova, l'"Inferno del Nord", è sempre accompagnata da sangue e dolore, oltre che dalla gloria.
Durante la corsa, Stefan Küng, con la Abbigliamento FDJ Ciclismo, ha tagliato il traguardo con il viso insanguinato; Mathias Vacek, con la Abbigliamento Trek-Segafredo Ciclismo, ha insistito per terminare la corsa con il sangue che gli colava dagli occhi; Davide Ballerini si è addirittura ritirato a causa di una frattura al polso causata dall'interferenza degli spettatori; e la squadra Movistar è stata ancora più tragica: tutti e sette i corridori non sono riusciti a terminare la corsa, incluso Manlio Moro, che ha riportato la frattura del metacarpo e ha dovuto subire un intervento chirurgico. Molti corridori hanno anche subito diversi infortuni, e i loro tragici e smarriti sentimenti hanno fatto ancora una volta percepire profondamente la crudeltà di questa corsa.
La crudeltà di questa gara non si riflette solo negli scontri sanguinosi e nei frequenti incidenti, ma anche nel fatto che i piloti hanno perseverato fino alla fine con dolori atroci. La Parigi-Roubaix non è solo una gara di velocità, ma anche la prova definitiva di forza di volontà, perseveranza e coraggio. Il vincitore sale sul podio, mentre molti altri lasciano la gara con cicatrici. Ma forse è proprio questa crudeltà ad aver plasmato la sua leggenda. Ogni pilota che porta a termine la gara è un eroe che ha dato tutto per questo sport estremo.